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Fiorenzo Mascagna

Le trasparenze specchiate di Anna Paglia

E' una conciliante idea di contemporaneità quella che attraverso le opere di Anna Paglia confluisce sulla tela. Insieme all’elemento tempo che spezza e riannoda i fili dell’esperienza, le opere accolgono il motivo surrazionale di fondo che rigenera esaltandolo, il gesto creativo della compresenza di poetiche compositive diverse all’interno della medesima espressione d’arte. Di questa alchemica presenza se ne avverte la compiutezza attraverso l’uso di sovrapposizioni geometriche che assumono la valenza di simbolo da concatenare alla presenza coloristica. Sono livelli semantici quelli che Anna Paglia lascia cadere all’interno dell’immagine quadro. Si avverte la necessità di far partecipare all’opera la sequenzialità della storia indicando nel rapporto logica-immaginazione il punto di sintesi nel quale far convergere  l’esperienza. E’ attraverso la dualità tra nuovo ed esistente che l’artista evidenzia la polarità entro la quale  cogliere questa nuova concatenazione linguistica che ha il pregio di conciliare le opposizioni. I lineari attivi che conservano del primigenio la forza del simbolo, mescolati all’ignoto della gestualità coloristica, lasciano emergere la codificazione dell’essere attraverso il segno della parola. L’opera che diventa luogo, fa emergere le stratificazioni che come pieghe dell’anima liberano indizi da far appartenere al vissuto inconscio di ognuno. Sono trasparenze specchiate nella volontà di far appartenere il segno ai mutamenti informali della composizione assunta come limite. In questo comprendere dentro le diverse velocità in senso dell’oscillazione tra sentimento e ragione, Anna Paglia mostra attraverso il quadro la sensazione giunta alla sua memoria sotto forma di coscienza. Il tentativo non è quello di semplificare l’ordine degli equilibri interiori ma quello di fornire allo spettatore i punti di contatto con le infinite combinazioni della memoria. L’opera che si pone di fronte allo spettatore come luogo di indagine, appartiene di fatto alla realtà autonoma dell’arte, dalla quale è possibile trarne una condizione linguistica che trova il suo valore nel rapporto attivo con lo spettatore. E’ di questo rapporto che l’artista si fa artefice quando nel superare il racconto, individua negli elementi della sua composizione i cardini simbolici dell’opera intesa come presenza. E’ una umanità fatta di archetipi quella che superando la distinzione tra ritorno e futuro, indica la permanenza del tempo dentro il vortice della coscienza, quasi a voler ricordare, se ce ne fosse bisogno, che l’arte non ha evoluzione. Sono cerchi aperti quelli dove siamo chiamati ad entrare anche quando la simbologia non ne rafforza l’idea, quelli che Anna Paglia genera attraverso l’intenzione. Sono luoghi che la mano non circoscrive ma suggerisce, quelli in cui l’immaginazione è chiamata ad abitare. 

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