Fiorenzo Mascagna
Il primigenio spazio assoluto, che Anna pone sopra la tela, suggerisce la modalità di un tempo concatenato al moto del divenire che in qualche modo esclude la presenza dell'uomo. L'insignificante starnuto dell'umanità è un granello di polvere che si adagia per un solo istante sulla mano del tempo senza lasciare traccia. L'artista lo vede, non guarda, sente lo schiamare della polvere e chiudendo gli occhi ne traccia il profilo impalpabile. Nessuna consapevolezza ha la forza per condurci alle soglie dell'infinito, ecco quindi che serve non essere portatori di verità ma semplici testimoni di tracce che si dissolvono nel nulla. Portandoci laddove il misurabile non esiste, l'artista ci mostra la sensazione dell'infinitamente piccolo dentro il quale tra origine e sviluppo non c'è differenza. questo magico trasporto che trasforma il visibile in incognita dove la luce genera se stessa, è il luogo degli accadimenti terribilmente estranei al sentire dell'uomo. L'artista frammenta il caos cosmico in fotogrammi mnemonici che annullano la fissità dell'idea quadro perché quello che può contenere la tela si riversa all'infinito nello spazio memoria. L'opera in questo caso diventa cronaca di una sensazione che varcando i confini del protagonismo pittorico pone sul piatto della bilancia l'infinito senza potergli contrapporre un peso. Di questa disarmante immagine di una umanità Anna Paglia ce ne mostra gli indizi invitandoci a percorrere il mutabile dove il tutto è accadimento senza peso. L'opera come non luogo della verità si trasforma in concettualismo ipotetico dove l'unica realtà che conta è la ricomposizione dei moto generali dall'imponderabile. Sono stratificazioni di tempo quelle che l'artista fa appartenere all'inconscio. Le trasparenze specchiate dentro il sentire dell'artista sono onde di luce da cavalcare con fiducia, sapendo che si tratta soltanto di un viaggio dentro l'ignoto e che punto di partenza e di arrivo sono la stessa cosa.
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“Quando il silenzio perde i suoi connotati di assenza e si fa spessore diventa pittura. Il piccolo miracolo che si rinnova nei lavori di Anna Paglia è questo ritorno alla presenza sussurrata delle emozioni sottili che si portano dentro una carovana di suoni: Il soggetto è pretesto per far diventare anima i contorni, i colori sono quelli del bagaglio leggero lasciato in dote alla nascita delle nostre emozioni. La pittura diventa quindi incontro, specchio della parola non detta, alito di colore che si rimescola all'alfabeto dei sensi attraverso il quale comunichiamo l'indicibile ed ascoltiamo il non detto.Nei quadri di Anna i soggetti diventano pagina srotolata dagli occhi e di questa lettura se ne fa trasparenza limite dell'incontro tra noi e tutto quello che circonda i nostri sensi. Ecco come la pittura diventa pretesto alla comprensione dell'intimo, ecco perché i soggetti conosciuti si rinnovano nella conoscenza del loro continuo inventare dentro di noi il silenzio dell'ascolto."
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